Persona con un disturbo di personalità borderline

Come comportarsi con un familiare con disturbo borderline?

Il disturbo borderline della personalità è una patologia che rientra nel gruppo delle malattie mentali, chiamate disturbi della personalità. Tende ad essere associato ad un modello di modi instabili di vedere se stessi e di sentire, comportarsi e relazionarsi con gli altri, che interferisce notevolmente con le capacità basilari e la vita sociale dell’individuo.
Colpisce il 2% della popolazione, più frequentemente il sesso femminile. L’esordio avviene in adolescenza o nella prima età adulta.

Quali sono le caratteristiche principali di chi ha una personalità borderline?

Le principali caratteristiche di chi soffre di personalità borderline sono:

  • intensa paura di essere abbandonati o di restare soli, sia reale che immaginaria;
  • tendenza a correre rischi senza pensare alle conseguenze, mettendo in pericolo se stessi (tentativi di atti autolesionistici);
  • senso di sé instabile; si sentono persone diverse a seconda delle situazioni in cui si trovano. Spesso descrivono sentimenti di vuoto e smarrimento;
  • presenza di pensieri paranoici, che portano a percepire in modo molto distorto alcune relazioni interpersonali;
  • sperimentare una rabbia intensa, anche per questioni apparentemente banali.

L’umore estremamente altalenante di una persona borderline la fa sentire spesso come su una sorta di montagne russe emotive: l’ansia intensa può cedere il passo a profondi sentimenti depressivi e poi poco dopo ad un’altra forte emozione. Questi attacchi possono durare poche ore o anche alcuni giorni.

Comportamenti da evitare con un familiare con personalità borderline

Di fronte ad un paziente con diagnosi di disturbo di personalità borderline vanno generalmente evitate tutte quelle forme tese alla rassicurazione o al far comprendere al paziente di essere malato.
La tendenza a spiegare alla persona che i propri comportamenti non sono sani genera intensa rabbia e sensazione di profonda incomprensione, alimentando i pensieri paranoici e generando forte odio, che può sfociare anche in gravi comportamenti aggressivi. Si passa, così, da un ruolo di soccorritore al ruolo di persecutore. 

È sufficiente chiedere al soggetto se uno specifico comportamento piace o meno. Quindi, anziché contrastare inutilmente il comportamento, dobbiamo passivamente accettare che non potrà essere cambiato con la sola consapevolezza del suo aspetto disfunzionale.

Qual è l’aiuto che può dare la Famiglia ad una persona che soffre di disturbo borderline?

Oggi è possibile aiutare un paziente borderline, tramite l’intervento indiretto sul paziente ma diretto sulla famiglia.
Lo psicologo è in grado di suggerire, dopo una valutazione dettagliata di ogni specifico caso e soltanto quando riscontra che la famiglia può essere utilizzata come risorsa, comportamenti e comunicazioni da adottare, in grado di ridurre i rischi di aggravamento della situazione e migliorare le condizioni di vita dell’intera famiglia.
Questi interventi indiretti si applicano soltanto nei casi in cui il sistema familiare od il partner siano realmente motivati ad aiutare il familiare con il disturbo.

Ad esempio, per prima cosa è necessario far capire alla persona che le sue emozioni e le sue reazioni hanno un senso anche se questo senso non lo condividiamo: i pazienti borderline hanno costruito nel corso del tempo un’idea di sé stessi come esseri indegni, difettosi, inetti; riconoscere il loro mondo vuol dire accettarlo così com’è, pur non condividendolo.

Questo permette al soggetto di:

  • riconoscere le proprie emozioni come legittime e appropriate, quindi gestibili;
  • sentire accettati sé stessi e il proprio mondo;
  • trovare modalità di comportamento adeguate a migliorare lo stato emotivo.
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